Questa volta il viaggio è alla volta dell’Emilia Romagna, per raggiungere il tempio della gastronomia Emiliano Romagnola, meraviglioso caseificio Valsamoggia.
Ma prima un’altra sosta è obbligatoria, nel regno delle bontà fatte a mano – il negozio la Vecchia Malga della famiglia Chiari. Autostrada Bologna – Milano, in questi anni è il tratto che frequento abitualmente vivendo tra Padova e la Liguria. Normalmente chi si reca verso ovest prende la Piacenza Brescia, io invece ho scelto l’altra per due semplici motivi. Le deviazioni sono due, la prima è Bologna Casalecchio. Terza uscita della tangenziale ed eccomi a Zola Predosa alla Vecchia Malga.
Questa è la base della famiglia Chiari, da sempre con le mani nel latte, e non solo. Stefano, il figlio d’arte del grande Rino, mi accoglie sempre con un sorriso sincero, ma tale è la fretta che mi fiondo subito dentro al negozio fatto proprio come una malga di montagna. Bruno, una delle colonne portanti dell’azienda, conosce perfettamente i miei gusti. Iniziamo a riempire il mio frigo portatile con burrate, stracciatelle, salsicce, favolosi tortellini fatti a mano nel laboratorio attiguo, tortelloni, tagliatelle, gramigna, passatelli, anche questi fatti rigorosamente a mano. Non può mancare Sua Maestà il Nero, una meraviglia di formaggio da meditazione, prodotto dai Chiari nell’appennino bolognese. Riempito il frigo, dopo baci e abbracci, riparto per la seconda sosta.
Squisito “boccone” alla trattoria Trebbi, da Perla, Gianna e Fulvio
Uscita Valsamoggia, tangenziale sino a Monteveglio, ed eccomi nel meraviglioso Caseificio Valsamoggia, altro tempio della gastronomia Emiliano Romagnola, dove si produce il Mascarpone di una bontà incredibile! Guarda caso, arrivo sempre a mezzogiorno, ed inevitabilmente Gabriele Manzini, il direttore d’orchestra dell’azienda, mi porta a mangiare un “boccone”. La trattoria Trebbi, in località Stiore, dista a pochi chilometri dal Caseificio, e l’accoglienza di Perla, la mamma Gianna e il marito Fulvio è sempre deliziosa, tipica di queste parti.
Sentite un po’ che cos’è il “boccone”. Si inizia con un piatto di salame, formaggi e piadina croccante, un assaggio di frittatine deliziose, tagliatelle uniche, condite con un ragù di carne e funghi, di una bontà inimmaginabile. Tutte le mattine, alla luce dei suoi novantatré anni, Gianna tira la sfoglia a mano, creando queste tagliatelle sublimi, e non solo, anche tortellini, tortelloni, tagliolini. Sono così buone che dividiamo il bis in due, in attesa degli arrosti. Finita questa messa solenne, è la volta del dessert. Crostate in tutti i modi, ma il pezzo da novanta è il Mascarpone di Gabriele sbattuto con rossi d’uova e zucchero. E nel frattempo Fulvio stappa bottiglie di vino Pignoletto, frizzantino e ghiacciato. Mentre si chiacchiera continuo a sgranocchiare delle striscioline croccanti, non capendo la loro origine chiedo lumi a Gabriele, che inizia a raccontarmi questa bella storia.
LA STORIA DELLA PIADINA CROCCANTE
Circa dieci anni fa, – racconta Gabriele – fui invitato a partecipare ad un evento legato allo Street Food, comunemente chiamato Cibo da Strada. Pensai alla cara e vecchia Piada Romagnola, fatta a cono e riempita di frittura di pesce. Chiamai un amico cuoco della Riviera ed insieme partimmo alla volta di Torino. Il successo fu incredibile, dopo il primo giorno avevamo finito il pesce. O ritornavamo a casa o dovevamo inventarci qualcosa di alternativo.
Il mio amico cuoco si ricordava, che sua nonna, quando avanzavano i ritagli della piadina, non li buttava, li friggeva, ottenendo delle striscioline croccanti buonissime. Il gioco era fatto. Prendemmo le piadine, le tagliammo a striscioline e le immergemmo nell’olio bollente. Prendemmo dei fogli di carta paglia, formammo dei coni e li riempimmo di piadina croccante, era nata la Piadina Snack. Non vi dico il successo! Tornammo a casa felici del grande risultato e della scoperta di una nuova delizia. Ascoltavo Gabriele con attenzione e sgranocchiavo la piadina croccante, sicuramente un valido sostituto dei soliti grissini. Una bella storia da raccontare.
Caseificio Valsamoggia, esperienza secolare nella produzione dei formaggi.
Finito il famoso “boccone”, rientriamo in Caseificio, passando per il negozio, un vero paese dei Balocchi, dove vorresti assaggiate tutto. Caseificio Valsamoggia, con un’esperienza maturata da diverse generazioni consecutive impegnate in questo settore, ha conservato aspetti tradizionali della lavorazione e ha mantenuto inalterate nel tempo le caratteristiche ed il gusto dei suoi formaggi.
I formaggi maturano sul legno, la formatura delle caciotte viene fatta a mano, come anche le fasi cruciali della cagliatura, che ancora oggi sono affidate alla sensibilità ed alla esperienza dei casari. Una tradizione di naturalezza e semplicità si rispecchia anche negli ingredienti utilizzati, che sono oggi gli stessi di un tempo: il latte, il sale, il caglio, i fermenti lattici e nient’altro. Non per questo il Caseificio Valsamoggia ha rinunciato alle moderne tecnologie, che vengono invece utilizzate per garantire la salubrità del prodotto, ottenuta attraverso una severa selezione tra numerosi tipi di latte, scegliendo sempre e soltanto i più sani e puliti, e grazie alle attrezzature all’avanguardia che garantiscono una corretta sanificazione degli strumenti e degli ambienti e ad un minuzioso piano di controllo per i prodotti, costantemente sottoposti ad analisi chimiche e microbiologiche che ne attestano la più assoluta qualità igienica ed organolettica. Il Caseificio è molto ben organizzato: il reparto dove si produce il Mascarpone, il più buono del mondo, la parte dove si producono i Pecorini, un’altra zona destinata al formaggio fresco Raviggiolo e allo Squacquerone ed infine la Caciotta dolce dei Colli Bolognesi.
LA CACIOTTA DOLCE DEI COLLI BOLOGNESI
Anche questa è una bella storia. Erano gli anni sessanta, in pieno boom economico, il formaggio si stava trasformando da prodotto artigianale a industriale. Nasceva il Bel Paese, il Gorgonzola con la goccia e così via. Nei Colli Bolognesi invece si continuavano a seguire le antiche tradizioni casearie come la Caciotta dolce, chiamata anche Tenerina, o Bucciatello. Dagli anni settanta il Caseificio Valsamoggia, attento alle tradizioni, iniziò a produrla regolarmente, seguendo le ricette di un tempo. La Caciotta Dolce viene prodotta con latte bovino di altissima qualità, dopo otto giorni è già pronta per essere degustata. Un formaggio delicato, a pasta morbida, dall’intenso sapore e profumo di latte appena munto, presenta armoniche note floreali ed erbacee.
E’ un elemento fondamentale per la farcitura di un altro piatto storico di questi territori, le Crescentine fritte, meravigliose! La sosta nel negozio è obbligatoria. Qui mi aspettano Donata, la moglie di Gabriele, e il padre Sigfrido sempre presente, con il baffo bianco da conquistatore. Pensate, dall’alto dei suoi ottantasei anni tutte le mattine alle quattro si alza e prepara tutto per chi arriva più tardi e scalda gli stampi antichi, dove andranno a cuocere le stupende tigelle, una sorta di focaccine caratteristiche dell’Appennino Bolognese, che verranno poi riempite con Prosciutto di Parma e Caciotta Dolce. Un uomo d’altri tempi. Donata è attenta a tutto, sempre con il sorriso sulle labbra. Devo partire, ed ecco le borse termiche con ghiaccio riempite con ogni bene. E’ sempre una gioia fermarmi qui, ogni volta imparo qualcosa di nuovo.
Caseificio Valsamoggia
Via G. di Vagno, 1
40053 Valsamoggia,
loc. Monteveglio (Bologna)
Tel.: +39 051 960334
info@caseificiovalsamoggia.it
www.caseificiovalsamoggia.it